Il governo che si instaurò all’indomani del golpe, alla guida del generale Pinochet, che proprio da Allende fu promosso per sedare le dimostrazioni di protesta in tutto al paese, fu caratterizzato dalla soppressione sistematica di tutta l’opposizione di sinistra. Nei giorni seguenti al golpe, il Cile cominciò a vivere violenze di ogni tipo, e numerose vittime furono i militanti di sinistra. Molti uccisi e molti scomparsi. Il Cile restò intrappolato nella morsa della giunta militar, quasi paralizzato, per diciassette anni , cambiando non poco la sensibilità delle persone. I cileni dovettero aspettare il 1983 per ritornare a protestare in piazza per scelte economiche quanto mai azzardate da parte della giunta militare, e sempre scontando arresti, persecuzioni, torture ed uccisioni. Ma fu solo nel 1989, che grazie al plebiscito voluto dallo stesso Pinochet, che clamorosamente si decise il ritorno alla democrazia con una vittoria superiore al 54%. Ma il mondo, che aveva conosciuto la dittatura di Pinochet, in seguito dovette conoscere anche le torture eseguite ai danni di militanti politici, e numerosi anche qui furono i desaparecidos. Le verità a poco a poco vennero fuori, ufficializzando la figura di Pinochet come quella di un criminale di guerra sanguinario.
Anche il Cile di Pinochet partecipò all’Operazione Condor, una associazione legale di assassini che timorosi di una crescita comunista, o quanto meno di politiche più di sinistra nei governi dell’America Latina, insieme agli altri paesi latini come Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay, ed Uruguay nella metà degli anni ’70, mise in moto un sistema sinergico di informazione per debellare le frange più radicali che non si allineavano al volere dei governi nazionali. Anni dopo, anche in Argentina, i diretti responsabili cercavano giustificazioni alle loro violenze. Da Pinochet a Videla, si parlò di una guerra civile invece che di un’aggressione al mondo civile, libero e democratico da parte dei militari.
Come in Argentina, anche il Cile utilizzò la desaparicion, molto più di quanto dichiarato a democrazia raggiunta dai militari. Corpi gettati in mare, nel Pacifico, oppure nascosti in fosse comuni introvabili nel deserto di Atacama. Questo è lo scenario. Nei nuovi dossier, con testimonianze dirette, si ripercorrono e vengono analizzate le azioni deplorevoli della Dina, la polizia politica del regime, guidata dal generale Manuel Contreras, che era disposta a tutto pur di eliminare gli oppositori del regime.
Furono effettuati numerosi ‘voli della morte’ con gli elicotteri Puma, che poi rilasciavano in mare i corpi. Nel dossier del giudice cileno Juan Guzman i desaparecidos sono più di tremila, cifra molto diversa da quella sostenuta dai militari cileni all’indomani delle inchieste. Drammatica fu l’esperienza che vissero i collaboratori di Allende. Deportati sull’isola di Dawson, nella Patagonia cilena, furono torturati e costretti ai lavori forzati. L’isola fu chiamata la Guantanamo cilena e i detenuti venivano chiamati con un numero preceduto dalla parola Isla, quindi Isla 1, isla 2 isla 3 etc..
La dittatura cilena di Pinochet si differenziò dalle altre dittature latino-americane, per via della esternazione delle loro efferate uccisioni. Tutto veniva fatto alla luce del sole senza nascondere nulla. Così la morte del cantante cileno Victor Jara, a cui tagliarono le dita, fece molto clamore in tutto il mondo. Fu detenuto e torturato come tantissimi altri cileni en el Estadio Nacional de Santiago e tenuti tutti lì come animali.
Ma in questa striscia di terra oltre oceano, anche l’Italia giocò il suo ruolo. E’ il 1976 e l’Italia del tennis di Adriano Panatta, Paolo Bertolucci, Tonino Zugarelli e Corrado Barazzutti, con capitano Nicola Pietrangeli, si gioca la finale di Coppa Davis contro il Cile. In Italia ci furono numerose polemiche perchè, per alcuni l’Italia non doveva andare in Cile. Non avrebbe dovuto partecipare al trionfo della propaganda cilena che avrebbe dato lustro ad un sanguinario come Pinochet. Ma si decise di andare con uno spirito giusto e volitivo. Si poteva dare uno scacco importante al regime, infliggendogli una sconfitta in casa. In campo, dopo i primi due singolari vinti da Panatta e Barazzutti, nel decisivo match in doppio, Panatta e Bertolucci, si presentarono in maglia rossa, quasi a sfidare il regime di Pinochet. In tribuna, era presente il generale Guzman che sicuramente non gradì la cosa. In ogni caso al termine del terzo set, Panatta e Barazzutti si cambiarono la maglia, indossandone una blu scuro, come dire che già la loro vittoria era stata ottenuta. Ovviamente fu vittoria in quattro set. Prima Davis per l’italia che “sconfisse” anche il regime di Pinochet.
Ancor prima del golpe dell’11 settembre, a Santiago del Cile, si distinsero alcuni funzionari ed impiegati che cercarono e riuscirono a salvare centinaia di profughi italo-cileni e non. I cosiddetti asilados, furono ospitati ppresso l’ambasciata italiana in Cile, che all’epoca si trovava in Calle Miguel Claro 1359 a Santiago del Cile nel quartiere di Providencia. Questi funzionari dello ministero degli esteri che ben si attivarono per cercare un salvacondotto che potesse far espatriare gli asilados furono Piero De Maso, Tomaso De Vergottini ed Emilio Barbarani. Tutti e tre ebbero un ruolo determinante nella riuscita dell’operazione.
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Nowhere – di Luis Sepulveda La frontera – di Ricardo Larraín Missing – scomparso di Costa-Gavras D’amore e d’ombra – Betty Kaplan Tony Manero di Pablo Larrain Post mortem di Pablo Larrain Estadio Nacional (doc) di CARMEN LUZ PAROT Dawson isla 10 di Miguel Littin Calle Miguel Claro 1359 – (doc) di Tommaso D’Elia, Daniela Preziosi, Ugo Adilardi – 2006 link No – I giorni dell’arcobaleno – Pablo Larraín Colonia (2015) di Florian Gallenberger La maglietta rossa (2009) di Mimmo Calopresti |
Calle Bucarest, 187 – Patricia Verdugo
Gli artigli del puma – Patricia Verdugo Cile: diario di un diplomatico – Tommaso De Vergottini Chi ha ucciso Lumi Videla? – Emilio Barbarani pagina facebook I giorni dell’arcobaleno di Antonio Skármeta Santiago – Piero De Masi I nostri anni verde oliva. Un storia cubana. di Roberto Ampuero |
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