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Jorge Mario Bergoglio, il Papa

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Delito de lesa humanidad: daño al pueblo. Imprescriptible: no vence en el  tiempo. No hay pasado que podamos dejar atrás si hay desaparecidos

Crimine contro l’umanità: i danni al popolo. Imprescrittibile: non scade nel tempo. Non c’è passato che possiamo lasciarci alle spalle se ci sono desaparecidos.
Così hanno scritto i ragazzi di Hijos, l’associazione dei figli dei desaparecidos, all’indomani dell’elezione a Papa di jorge Mario Bergoglio, argentino e un po’ italiano di origine piemontese, del resto come molti argentini.
Ma chi era Bergoglio? Pochi istanti dopo la sua elezione, mi rallegravo perchè fosse argentino ma poi dopo circa 20 secondi,  ero tornato in me e ragionando, era chiaro che adesso dopo quarant’anni non ci poteva essere un religioso argentino senza macchia. E’ ancora presto per avere un rimpasto. Devono passare ancora molti anni, per purificare quella Chiesa, laggiù nell’emisfero sud del mondo.
Appena saputo il nome Bergoglio, un velo di tristezza e rabbia ha accompagnato la mia serata. Quel nome lo avevo già sentito nominare. Lo avevo visto scritto nelle pagine de L’isola del Silencio, uno dei libri di Horacio Verbitsky, giornalista di inchiesta, che da più di 30 anni cerca di far luce su un passato tremendo della storia  argentina.
Intanto sono il solo che lascia un messaggio di rabbia in rete. Gli altri sono felici, si dicono emozionati, non sapendo quello che dicono. I giornali esaltano Bergoglio, l’uomo della provvidenza, venuto a liberare il popolo dalla fame e dalle ingiustizie. Ma di che parlano? Ma sanno chi è Bergoglio? In rete si scherza, si gioca con il nome. Berlusconi più Badoglio fa Bergoglio. Ma c’è poco da scherzare. Dopo aver ricevuto un po’ di insulti da parte di qualche cattolico fanatico ignorante iniziano ad uscire le prime agenzie che gettano ombre sul passato del nuovo papa. Era ora! E vengono raccontati i fatti.
Intanto è giusto partire da una certezza. La  Chiesa argentina nel periodo della dittatura, ma anche da qualche anno prima, 1976-1983, era corrotta, tutta al servizio della junta militar guidata da Jorge Rafael Videla. Videla successivamente dirà che dal 1978 si era creato un patto fra lo Stato e la Chiesa in Argentina, per scongiurare un pericolo comunista.

L’episodio che getta ombre su Bergoglio, riguarda l’esperienza di due preti gesuiti che lavoravano nelle favelas.

da L’isola del Silencio di Horacio Verbitsky

Il cardinale arcivescovo di Buenos Aires, Juan Carlos Aramburu, aveva revocato l’autorizzazione a celebrare messa al sacerdote gesuita  Orlando Virgilio Yorio, membro pastorale delle comunità di base dell’arcidiocesi di Buenos Aires, senza nessuna motivazione apparente. La mattina del 23 maggio del 1976, era una domenica, e officiava la messa, nella favela di Belén, nel quartiere di Bajo Flores, Francesco Bozzini. Al termine della messa, otto catechisti furono messi in stato d’arresto, tra cui Yorio e Francisco Jalics, un altro gesuita che viveva nella baraccopoli. Ovviamente l’attegiamento dei soldati era quello di insultarli  senza lasciar loro il tempo di replicare.
La settimana precedente erano stati arrestati altri catechisti, tutti parenti di militari o di religiosi, fra cui Monica Quintero, di 34 anni, che aveva passato più di dieci anni nella Congregazione della Misericordia, poi aveva smesso l’abito ma era ancora attiva nella Chiesa come catechista nella comunità di Bajo Flores. La sera del 14 maggio fu rapita.
Fra le domande che posero a Yorio, l’ultima riguardava Monica Quintero. Yorio rispose che la conosceva, perchè aveva organizzato una comunità di trenta religiosi proprio in quella baraccopoli.
Lo portarono alla ESMA, il centro di detenzione dell’esercito. Insieme al suo compagno Jalics, furono incappucciati e legati ai piedi e pure drogati  con un potente sonnifero. Completamente drogati, in dormiveglia, accendevano un registratore e li interrogavano. A Yorio dissero: ” Tu non sei un guerrigliero, ma vivendo nella baraccopoli ti unisci ai poveri, e questo è sovversivo”.
Intanto gli altri catechisti all’alba furono liberati, ma i due preti gesuiti rimasero ancora in prigionia. Successivamenete Yorio, tra la veglia e il sonno dovette rispondere alle domande di un uomo che non era un militare. Quella persona, colta, gli predicò il Vangelo secondo Massera:

“Mi disse che ero un parroco idealista, che il mio errore era quello di interpretare materilamente le Sacre Scritture andando a vivere con i poveri. Che Cristo parlava di povertà in senso spirituale. Che mi avrebbero liberato, ma che sarei dovuto stare un anno senza farmi vedere, in una scuola, lavorando in un’altra classe sociale, perchè il marxismo stava mettendo radici in America Latina”.

Ma gli interrogatori furono svolti anche da membri non appartenenti alle forza armate che avevano particolari conoscenze delle questioni ecclesiastiche. Secondo Emilio Mignone, fondatore del Centro studi legali e sociali, la Chiesa fu complice con questo sistema di cose. Da alcune frasi udite da Yorio durante la sua prigionia, fu chiaro che la Marina interpretò la decisione di Aramburu e successivamente le critiche del suo provinciale gesuita Bergoglio come una autorizzazione a procedere contro di lui.

 

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