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Uruguay

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In Uruguay, verso la fine degli anni cinquanta, la crisi economica sta massacrando un paese, e l’esplodere di inflazione e disoccupazione, peggiorano di molto le condizioni di vita dei lavoratori.
Questo determinò proteste generali che sfociarono in episodi di guerriglia contro il governo. A capo dei movimenti di protesta sedevano i Tupamaros, movimento di estrema sinistra, che si rifaceva ad un militante del partito socialista uruguaiano, Raul Sendic. Il nome Tupamaros deriva dal re Inca, Túpac Amaru II. Il gruppo, era noto anche sotto il nome di MLN Movimento di Liberazione Nazionale, e  furono sostanzialmente un’organizzazione di guerriglia urbana di ispirazione marxista-leninista.
Il governo colorado di Óscar Diego Gestido, provò a migliorare la situazione ma tutto fu vano. Alla sua morte ci fu il governo di Jorge Pacheco Areco nel 1967, che era di ispirazione conservatrice.
Ma la crisi non tendeva ad arrestarsi, ci furono scontri e violente azioni di rivolta che ebbero protagonisti i Tupamaros.

bordaberryNel 1971 il governo fu affidato a  Juan Maria Bordaberry, che era deciso a fermare i Tupamaros. Per opporsi ai nascenti movimenti di lotta, si affidò all’esercito per reprimere le proteste.Il 27 giugno 1973 Bordaberry guidò un colpo di stato militare non violento. Il Parlamento fu sciolto ed ottenne l’appoggio di una giunta militare. Furono represse le proteste, di sindacati e studenti e successivamente i partiti politici di sinistra furono messi al bando. Ma l’economia non si riprese. I Tupamaros furono isolati nelle prigioni e sottoposti ad atti di tortura.
Nel 1976 ci fu un nuovo golpe ai danni di Bordaberry, operato dai militari, che restarono al potere occupando incarichi politici e conservando il regime. Il presidente scelto fu Alberto Demicheli e successivamente  Aparicio Méndez. Dal 1976 la giunta militare stava andando in declino ma dovette aspettare fino al 1980 per rendersene conto dopo il referendum sulla modifica della costituzione, che sancì un netto rifiuto da parte della maggioranza del apese con più del 55% . Questo fu la prova del futuro oscuro per il regime.
Negli anni della giunta militare, gli uruguayani viaggiarono per tutto il mondo alla ricerca di asilo politico. Nel 1981 venne nominato presidente Gregorio Álvarez, ma anche questo cambiò non cambiò le cose. Il regime era sempre più verso la fine dei suoi giorni che avvenne nel 1984, quando, dopo l’ennesima protesta generale i militari annunciarono il ritorno alla demcorazia e ai poteri civili.
Nel 1985 Julio María Sanguinetti, fu il primo presidente dell’era democratica, dal colpo di stato del ’73, e governò dal 1985 al 1990. Il suo governo si pose come obiettivo la ricostruzione del paese, non senza polemiche e pesanti ombre. Venne varata la legge sull’amnistia per violazioni dei diritti umani che si erano perpetrate in Uruguay nel periodo della dittatura. In campo economico l’era Sanguinetti si distinse, per alcune riforme che diedero una certa stabilità al paese. Nelle elezioni del 1989 fu il turno di Luis Alberto Lacalle, che mantenne la carica di Presidente fino al 1995 quando fu rieletto Sanguinetti.
Dal 2004 i nuovi governi succedutisi si adoperarono per risolvere i problemi economici del paese e scelsero di non seguire più la linea dell’impunità verso gli esponenti della dittatura militare. Il primo a farne le spese fu Gregorio Álvarez, incriminato per la sparizione di trenta oppositori politici, uccisi nel 1978, quando era comandante in capo dell’esercito.

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