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Chiamatelo #Giaccherinho

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Dopo il suo primo scudetto vinto con la Juve nel maggio del 2012, il suo allenatore Antonio Conte, disse:”Finchè ci sarò io qui ad allenate la Juventus, Giaccherini non andrà da nessuna parte”.
Ma non è stato il primo attestato di stima nei confronti di Giaccherini da parte di Conte. Precedentemente nelle solite conferenze stampa della vigilia di una partita di campionato, volle ribadire il fatto che non solo i campioni servono ad un a grande squadra, ma servono anche quelli che fanno il lavoro sporco, duro ed oscuro e poi disse di non guardare solo al nome straniero. Anche in Italia abbiamo ottimi giocatori. Una bella critica a chi, nell’ambiente juventus aveva storto il naso di fronte all’acquisto di Giaccherini e non di un giocatore straniero magari dal Brasile.
Ecco che Conte allora dice che lui il brasiliano ce l’ha già e si chiama Giaccherinho fra le facce divertite, prima la sua poi quelle dei giornalisti che stavano lì ad ascoltarlo.
Da quel momento, credo che il ruolo di Giaccherinho è diventato sempre più importante alla Juventus e a poco a poco anche la Nazionale si è accorta di questo jolly che fa piacere agli allenatori meno a chi gioca sempre e solo nello stesso ruolo.
Anche se nel suo secondo anno con la Juve, l’impiego di Giaccherini è andato via via scemando, facendo pensare a chissà quale cessione clamorosa., il gol scudetto al 92′ contro il Catania,  (festeggiato il 5 maggio, suo giorno di nascita, predestinato) ha riportato Giaccherinho di nuovo sul podio dei migliori, meritandosi peraltro la nuova conferma di Conte anche se non ce ne sarebbe stato il bisogno.
La Confederation Cup, preceduta da un’amichevole contro Haiti dove Giaccherinho segna il suo primo gol azzurro e pensate un po’, il gol azzurro più veloce, 18 secondi, battendo il gol di Bagni di appena 2 secondi, è la definitiva consacrazione di Giaccherinho, classe ’85, titolare con il Mexico, regala l’assist per il gol di Balotelli, voto 6,5.
Poi contro il Giappone, parte dalla panchina, per entrare dopo 30 minuti circa e colpire un palo dopo un’azione personale. Nel secondo tempo, ancora con un’azione delle sue causa l’autogol di un giapponese che porta il punteggio sull’1-1. Anche qui il suo voto è 6,5.
Contro il Brasile entra ancora dalla panchina per sostituire Montgaolivo infortunato e nel secondo tempo realizza il pareggio momentaneo con un gol da vedere e rivedere. Un golasso come direbbe qualcuno. Sconfitta per gli azzurri ma non per Giaccherinho, che prende un bel 7 in pagella e che forse doveva giocare con quelli con la maglia gialla. Testa, cuore, gambe, questo è Giaccherinho, il resto sono solo chiacchere.
Ma in tutte queste partite l’italiano idiota non ha mancato l’occasione per criticare la scelta di portare in nazionale Giaccherinho.
Come se in Nazionale dovessero giocare solo i top players.
La nazionale come una squadra di club è prima di tutto una squadra, quindi con caratteristiche di gioco differenti, e quindi ha bisogno di tutti, dal fantasista, al goleador, al difensore roccioso che litiga con i suoi stessi piedi e poi a giocatori jolly che puoi mettere dovunque, in qualunque parte del campo. Il gruppo squadra fa la forza, non il singolo.
Le storie giornalistiche che dicevano che Maradona ha vinto da solo, sono tutte sciocchezze.
Chi ha giocato a calcio lo sa. Maradona senza Ferrara, De Napoli, Bagni, Careca, Aleamao e Garella a Napoli non avrebbe vinto e lo stesso con l’Argentina in Mexico nel ’86 senza Burruchaga e Valdano e tanti altri buoni e non fenomenali giocatori argentini non avrebbe vinto quello splendido mondiale.
Dopo il gol più veloce, realizzato contro Haiti, un altro record per Emanuele Giaccherinho, infatti il suo gol al Brasile è il primo di un italiano in terra brasiliana contro il Brasile.
Tutti questi che hanno criticato Giaccherinho adesso non parlano più. Parleranno al primo gol subito e magari diranno:“Ma Giaccherini dovevano per forza portarlo in Brasile? Non è da nazionale”.
Adesso a questa gente gli si può rispondere tranquillamente: ”Chiamatelo Giaccherinho”.

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